The Lord of the Rings: Return to Moria promette di portare i fan del celebre mondo di Tolkien in una nuova avventura di sopravvivenza, ambientata nella leggendaria Moria. Tuttavia, mentre l’ambientazione è affascinante e piena di riferimenti alla mitologia dell’autore, il gioco si rivela essere un survival generico che fatica a distinguersi.
La trama si svolge durante la Quarta Era della Terra di Mezzo, dopo la caduta di Sauron, una scelta interessante poiché è un periodo poco esplorato nel materiale originale. L’avventura parte con l’invito di Gimli, doppiato dal sempre iconico John Rhys-Davies, che chiama i nani a reclamare Moria, ora invasa da goblin e orchi. Tuttavia, nonostante la premessa intrigante, gran parte del gioco si perde in un loop ripetitivo di combattimenti poco ispirati e la gestione di risorse tipiche del genere survival.
Il loop di gameplay principale, cioè esplorare, raccogliere risorse e costruire basi, è sicuramente familiare a chiunque abbia giocato altri titoli di sopravvivenza negli ultimi anni. Ciò che manca, però, è l’originalità: il gioco si attiene strettamente a meccaniche già viste e, pur utilizzando il ricco universo di Tolkien, non riesce a introdurre innovazioni significative nel genere. Si costruisce, si mina e si combatte, ma tutto questo sembra già visto, e il gioco non riesce a fare nulla meglio di titoli concorrenti.
Uno degli aspetti migliori di Return to Moria è il modo in cui il gioco omaggia l’amore di Tolkien per la musica e la cultura dei nani. Durante l’attività di estrazione mineraria, i nani intonano canti tradizionali, e durante i momenti cruciali della trama si assiste a canzoni ricche di storia e passione. Questi momenti riescono a far sentire il giocatore parte della Terra di Mezzo e contribuiscono a mantenere un po’ di magia durante l’esplorazione.
Il ciclo di progressione del gioco, con l’acquisizione di risorse sempre migliori per migliorare il proprio equipaggiamento, riesce a essere coinvolgente. L’avanzamento è gratificante, spingendo i giocatori a esplorare sempre più in profondità le miniere oscure di Moria, cercando nuove risorse e affrontando sfide sempre maggiori.
Tuttavia, molti aspetti del gioco sono decisamente deludenti. Il combattimento, in particolare, è un punto debole. Con poche varianti di armi e un’intelligenza artificiale nemica sorprendentemente incompetente, i combattimenti risultano monotoni e spesso troppo lunghi. Le ondate di goblin e orchi sembrano infinite e il loro respawn costante rende l’esperienza più frustrante che divertente.
Inoltre, la costruzione di basi, solitamente una componente creativa nei giochi di sopravvivenza, è limitata da opzioni di costruzione rigide e poco intuitive. Anche l’esplorazione subisce delle limitazioni: i giocatori non possono scavare liberamente attraverso Moria, ma devono attenersi a percorsi predefiniti, il che va contro l’idea stessa di esplorare un vasto mondo sotterraneo.
Dal punto di vista tecnico, Return to Moria soffre di seri problemi di prestazioni, con frequenti bug, cali di frame rate e tempi di caricamento eccessivamente lunghi. Questi problemi diventano ancora più evidenti durante il multiplayer, rendendo l’esperienza cooperativa spesso caotica e frustrante.
Nonostante la ricca ambientazione tolkieniana e qualche momento di brillante omaggio al mondo creato da Tolkien, The Lord of the Rings: Return to Moria non riesce a sfruttare il potenziale del suo concept. Combatte con meccaniche di gioco datate, problemi tecnici e una generale mancanza di originalità. Per i fan dei giochi di sopravvivenza, ci sono opzioni molto migliori là fuori; e anche i fan più accaniti della Terra di Mezzo potrebbero trovare difficile giustificare l’investimento in questo titolo.
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