A distanza di tempo dall’annuncio e dopo un rinvio a pochi giorni dal lancio, il nuovo Horror di Brass Token è disponibile, ed oggi voglio condividere con voi la Recensione di The Chant. Il gioco inizia con la protagonista tormentata dai sensi di colpa per la morte della sorella, la quale deciderà di fare un ritiro spirituale, convinta da una sua amica di vecchia data, recandosi dunque su un’isola, lontana dalla società, per trascorrere del tempo a contatto con la natura, in compagnia di un gruppo di fanatici dello Yoga e della meditazione. Tutto procede con il massimo della calma e del relax, fino a quando una seduta si trasforma in un incubo. Se inizialmente dunque dovrete semplicemente andare in giro a parlare con personaggi, raccogliere materiali e farvi lunghe scampagnate, dopo le prime fasi The Chant assumerà l’aspetto di un survival horror, con mostri dai quali fuggire o combattere, utilizzando rametti infuocati, olio, sale e qualsiasi altra cosa potete recuperare in giro per gli scenari.
Ogni membro del campo di ritiro spirituale è dotato di un prisma di colore differente, la cui luce è in grado di spezzare barriere del medesimo colore. Il mondo di gioco è semi-aperto, con la totale assenza di radar, mappe e indicatori, lasciando al giocatore piena libertà di esplorare e scoprire la strada da percorrere per proseguire, il che spesso si riduce a visitare più volte gli stessi luoghi, avvertendo quel senso di frustrazione dato dal “mi sono perso”. Come detto il mondo è semi-aperto, dunque non mancano all’appello viaggi rapidi da utilizzare per spostarsi di luogo in luogo, dato che partirete da un hub principale e visitrete diverse ambientazioni nei dintorni, per poi tornare al punto di partenza a missione ultimata. Nel corso dell’avventura potrete interagire con consumabili, documenti e collezionabili, craftando il necessario per sopravvivere o avere maggiori informazioni sulla trama, la quale già di per sè non è così’ intuitiva come sembri. Le entità che affronterete potranno essere sconfitte o aggirate, e si manifesteranno per lo più principalmente nei luoghi in cui il male la fa da padrone.
The Chant strizza l’occhio per certi versi al genere ruolistico, con la possibilità di migliorare le abilità della protagonista mediante una sorta di punti esperienza, oltre ad un inventario dove riporre e combinare oggetti, al fine di creare ad esempio chiavi necessarie per aprire delle porte. Il mondo di gioco è disseminato di porte bloccate, barriere colorate ed enigmi ambientali da risolvere. Il tutto si riduce a capire come entrare in una stanza chiusa, al cui interno è presente una chiave da usare per aprire una seconda porta, che cela un frammento da combinare con altri per sbloccare un portone, venendo disturbati di tanto in tanto da una minacciosa e pericolosa entità, che si manifesta come una sagoma composta da mosche. Non mancano all’appello scarejump, pronti a far sobbalzare il giocatore dalla sedia, nonostante il più delle volte sia scontati. Per tutto il corso della storia, la cui durata è al di sotto delle 10 ore, dovrete esaminare oggetti, aprire porte, sconfiggere nemici e boss, per poi tornare all’hub per dialogare con i personaggi e ripartire verso un nuovo luogo.
Per orientarvi potrete e dovrete fare affidamento sui cartelli, dato che come anticipato non c’è altro modo per farlo. In qualsiasi momento potrete richiamare sia la ruota delle armi craftabili che l’inventario. La trama viene raccontata sia dai dialoghi e cutscene che da documenti e bobine disseminate lungo il percorso. In termini di Storia, The Chant è piuttosto caotico e al fine di comprendere ogni sfumatura, vi ritroverete a leggere con attenzione ciascun documento e assistere alla proiezione dei filmati che potete recuperare in giro. Graficamente parlando il titolo sa di vecchio, al punto che modelli e scenari sembrano usciti da un gioco PS3, nonostante l’abbia giocato su PS5, con qualche caricamento di tanto in tanto, seppur di breve durata, e meccaniche datate, dai goffi movimenti della protagonista a nemici che si limiteranno ad attaccarvi a caso, sconfiggendoli il più delle volte picchiando a raffica senza dare loro modo di fare nulla, con le sole armi che la natura ha da offrire. L’idea di fondo non è male, se fosse stata curata in modo differente, con quel dejavu inevitabile dato dal compiere le stesse azioni per l’intero gioco.
Dovrete sconfiggere i boss delle varie zone per poter recuperare il frammento necessario, al fine di attraversare la parete dello stesso colore e quindi proseguire. Andrete spesso avanti e indietro, senza una vera e propria indicazione se non la sola richiesta, e nonostante il mondo di gioco non sia così aperto, perdersi risulterà piuttosto semplice, girovagherete a vuoto senza meta, ed interagirete con tutto ciò che incontrerete. Le abilità sbloccabili sono fine a se stesse e non giustificano la loro presenza, se non fosse per una maggiore resistenza ai danni. Armi come rametti infuocati, barattoli di olio e sale non conferiscono al sistema di combattimento il giusto senso di appagamento, riducendosi solo ad un espediente per poter sconfiggere i nemici al fine di dedicarsi alla vera attività di gioco, l’esplorazione. Nel corso dell’avventura avrete tre barre, una rappresentata dalla mente, l’altra dal corpo e infine lo spirito. Quando la mente scenderà a zero la protagonista risulterà spaventata e di conseguenza non riuscirà più ad attaccare, con la seconda morirà mentre la terza è usata per ricaricare la prima mediante la meditazione o con i consumabili che potrete recuperare in giro, come piante che sembrano uscite da Resident Evil.
The Chant è un gioco mediocre, che non giustifica la presenza su console di nuova generazione, un titolo che avrebbe sicuramente potuto offrire di più, sia in termini grafici che tecnici, nonostante il comparto audio ricopra un certo ruolo nell’intera esperienza e la trama cerchi in qualche modo di offrire una novità, evitando il già visto e vissuto dei tanti e tanti Horror presenti sul mercato.
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