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Lost Records Nastro 1: Recensione, Gameplay Trailer e Screenshot

Lost Records: Bloom and Rage si presenta come una vera e propria eredità spirituale di Life is Strange, sia per il suo stile narrativo che per le tematiche profonde che affronta. Con Nastro 1, Dontnod ci trasporta in Velvet Cove, un luogo che, pur non avendo l’iconicità di Arcadia Bay, riesce a evocare un senso di nostalgia e malinconia che permea l’intera esperienza. Ambientato tra due linee temporali, il gioco racconta le vicende di un gruppo di ragazze nel 1995, esplorando il peso dei ricordi e la loro distorsione nel tempo. Il tutto viene narrato con una struttura unica, alternando momenti di flashback con il presente, ambientato nel 2022, quando le protagoniste adulte si ritrovano a dover affrontare un segreto che avevano giurato di non rivelare mai.

A differenza di Life is Strange, qui non troviamo poteri soprannaturali definiti come il viaggio nel tempo o la telepatia. Lost Records gioca con la memoria e la sua imperfezione, mettendo il giocatore nei panni di Swann Holloway, una ragazza che, anni dopo gli eventi della sua adolescenza, si ritrova a fare i conti con un segreto sepolto nel tempo. Il passaggio tra le due epoche avviene in modo fluido, con flashback che vengono rievocati in base alle scelte del giocatore e alle registrazioni conservate nelle vecchie videocassette.

Il gioco esplora la memoria non solo come elemento di nostalgia, ma anche come strumento di narrazione: i ricordi sono fallibili, soggettivi e spesso distorti. Swann e le sue amiche si trovano a confrontare le loro diverse versioni degli eventi, e il giocatore ha il compito di esplorare quale sia la verità attraverso dialoghi, esplorazione e interazioni con gli oggetti simbolici del passato.

Uno degli aspetti più affascinanti del titolo è la sua cura maniacale per i dettagli del periodo storico rappresentato. Oggetti come VHS, PEZ, Tamagotchi, diari scritti a mano, portachiavi a forma di margherita, vecchi serial televisivi e riviste anni ’90 non sono semplici elementi di scena, ma diventano strumenti per immergere il giocatore in un’epoca passata. Ogni oggetto esplorabile racconta una storia e stimola il senso di appartenenza a una generazione che riconosce in quei dettagli pezzi della propria infanzia.

L’ambientazione di Velvet Cove contribuisce ulteriormente alla costruzione di questa atmosfera: un piccolo paese nel Michigan, apparentemente anonimo, che riesce a essere tanto affascinante quanto malinconico. I luoghi più importanti sono il Blue Spruce Bar, una vecchia videoteca con una gelateria annessa, un garage adibito a sala prove per la band delle ragazze e un misterioso nascondiglio segreto vicino al lago.

Swann è una protagonista che si fa amare fin da subito: goffa, insicura, ma incredibilmente autentica. Il suo rapporto con le amiche Autumn, Nora e Kat è il cuore pulsante della storia, e ogni interazione tra loro aggiunge strati di profondità alle loro relazioni. Autumn è la leader naturale del gruppo, razionale e carismatica; Nora è l’anima ribelle, con un atteggiamento sfrontato che nasconde fragilità interiori; Kat è la più introversa, misteriosa e riflessiva, spesso in contrasto con le altre ragazze.

I dialoghi, per quanto a volte possano risultare volutamente imbarazzanti, contribuiscono a creare una rappresentazione realistica della giovinezza, con tutte le sue incertezze e insicurezze. Alcuni momenti particolarmente intensi mettono in discussione l’idea di un’amicizia perfetta, mostrando come le dinamiche tra adolescenti possano essere tanto profonde quanto fragili.

La scelta di dare maggiore enfasi ai personaggi piuttosto che alla trama potrebbe non essere apprezzata da tutti. Il ritmo di Lost Records è deliberatamente lento, costruito per permettere al giocatore di assaporare ogni momento, ogni sguardo, ogni frammento di memoria. Per chi cerca un’esperienza frenetica o ricca di colpi di scena immediati, questo potrebbe risultare un difetto, ma chi è disposto a immergersi nella narrazione sarà ricompensato da una profondità emotiva rara nei videogiochi.

Alcuni momenti si svolgono con salti temporali improvvisi tra presente e passato: un dialogo nel bar del presente si trasforma in un flashback che mostra la stessa scena 27 anni prima. Questa tecnica di narrazione non solo mantiene il giocatore attivo, ma rafforza il concetto di memoria selettiva e nostalgia. Uno degli aspetti più interessanti è l’uso della videocamera di Swann. Il giocatore può filmare momenti della sua vita quotidiana, creando un vero e proprio diario visivo. Queste registrazioni non sono solo un espediente narrativo, ma diventano un elemento fondamentale della storia, in quanto rappresentano l’unico punto di riferimento oggettivo in un mare di ricordi sfocati.

Nel gioco è possibile rivedere e montare i filmati, scegliendo quali scene mantenere. Questo elemento dona un senso di immersione ancora più profondo e sottolinea l’importanza della memoria nella costruzione della nostra identità. Se Nastro 1 pone le basi per una storia emotivamente intensa, sarà Nastro 2 a stabilire se Lost Records: Bloom and Rage possa essere considerato uno dei capolavori di Dontnod. Con un mix di nostalgia, introspezione e un’estetica curata nei minimi dettagli, il gioco si presenta come un’esperienza imperdibile per chi ama le avventure narrative.

Certo, non è perfetto: alcune meccaniche possono risultare un po’ goffe e il ritmo non è per tutti, ma la sincerità con cui viene raccontata questa storia è ciò che lo rende speciale. Con una narrazione che tocca il cuore, personaggi credibili e un’estetica nostalgica irresistibile, Lost Records: Bloom and Rage è un viaggio nei ricordi che vale la pena intraprendere. Non ci resta che attendere Nastro 2 per scoprire dove questa storia ci porterà.

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